Pagine austriache
La speranza che si ripone nell'organizzare la mostra
"Pagine austriache", è di aggiungere
un altro tassello nella composizione di uno scenario
ancora alquanto oscurato, riguardants la storia di Gorizia.
In questo caso, si tratta della cultura tedesca della
Gorizia asburgica, sul cui dato di fatto ideologie più
o meno interessate e visioni parziali del mondo cercano
sempre di stendere un velo quando non tendono a contraffarlo.
Questa mostra e questo catalogo si pongono soltanto
l'obiettivo di rendere un modesto servizio alla verità
col supporto dei fatti, qui rappresentati dai libri.
In questo senso, cosa c'è di più apodittico
di una biblioteca, liberamente sviluppatasi nel corso
dei secoli e quindi in grado di dare una rappresentazione
del cosiddetto contesto, sia in senso diacronico che
sincronico, essendo, la storia della Biblioteca, la
stessa della città che la ingloba, in quanto
conserva il massimo delle memorie e dei documenti che
la riguardano e le appartengono?
Purtroppo la situazione attuale delta cultura in lingua
tedesca rappresentata in Biblioteca, è quella
descritta nella in ricerca fatta di recente da Antonalla
Gallarotti e Cosimo Stasi nel volume "Cultura tedesca
nel Goriziano". Ciò era l'inevitabile conseguenza
e poi la proiezione nel tempo di quel clima di intolleranza
e di chiusura instauratosi nei confronti dell'ex nemico
nel primo dopoguerra, allorché il fenomeno era
giunto a un punto tale di virulenza che venne bandito
dalle scuole, come aborrita reliquia delta cultura tedesca,
perfino il vocabolario del Georges, strumento prediletto
per le versioni latine di generazioni e generazioni
di studenti goriziani imperialregi.
Il ritorno alla ragione e sopprattutto la fortuna di
poter disporre nella Biblioteca di opere tedesche di
alto valore scientifico, hanno fatto giustizia di questi
bruschi e brutali scacchi dell'intelligenza, riqualificando
l'immagine dell'Istituto anche grazie a questo filone
primario di cultura e civiltà. Quante volte germanisti
e studiosi di passaggio a Gorizia esternano la loro
meraviglia perché trovano, inaspettatamente nella
nostra Biblioteca, quell vocabolario antico o quell'opera
importante che avrebbero immaginato di trovare solamente
a Vienna o a Lipsia?
E' stupefacente che proprio una parte di Goriziani
tenda ad ignorare o a rimuovere dalla memoria una lunga
fase storica della città, permeata da un clima
culturale e, soprattutto, civile che ha riscasso nell'immediato
I o dopoguerra il plauso e
l'ammirazione di grandi personaggi del liberalismo italiano
come Giuseppe Lombardo Radice, Piero Gobetti e Augusto
Monti, venuti in visita a Gorizia e colti quasi di sorpresa
dal livello intellettuale dei suoi uomini migliori,
dalla radicata consuetudine all'autonomia e al decentramento
amministrativo, dalla serietà e dal grado elevato
dell'istruzione scolastica.
Un nazionalista convinto come Giuseppe Prezzolini ebbe
modo di verificarlo dall'osservatorio fiorentino, auspice
una famosa mostra pedagogica tenutasi nel 1925, mentre
il goriziano Enrico Rocca, giornalista dello stesso
credo politico scrisse da Roma famosi editoriali per
esortare i suoi concittadini a non disperdere il meglio
della tradizione amministrativa e scolastica austriaca.
A differenza di Prezzolini, egli sapeva che la sua città
di origine era famosa per la qualità e il numero
delle sue scuole e che vantava perciò uno degli
indici più bassi di analfabetismo d'Europa; egli
inoltre aveva sicuramente frequentato qualcuno dei caffé
che esibivano ai propri avventori sino ad un centinaio
fra riviste e giornali. La Gorizia d'allora era insomma
una piccola entità di quell'impero che "fu
per molti secoli una vera pietra miliare del mondo civile
di allora, grazie ad un equilibrio perfetto tra le culture
slava, italiana e germanica. Destabilizzato l'equilibrio
magico tra le componenti etniche diverse e travolte
dal vento del nazionalismo, esso è oggi ridotto
a una pallida ombra di quello che fu e che rappresentò
ad un tempo dopotutto non tanto lontano, visto che alcuni
tra i più anziani (oggi in questa sala) possono
ancora confermarlo di persona".
Un tanto Carlo Rubbia nel 1989 ebbe modo di ricordare
ai suoi convenuti concittadini convenuti a Roma per
la "Settimana della Venezia Giulia". Affermare
questo non significa fare nessuna vieta operazione nostalgica,
ma soltanto restituire alla città una parte di
memoria ingiustamente obliterata.
Che da qualche tempo si operi seriamente a studiare
la storia locale e regionale sulla scorta dei documenti
e sull'esame rigoroso dei fatti riguardanti tutte le
componenti etniche del territorio passate e presenti,
non è operazione nostalgica o antipatriotica
come talora viene maliziosamente insinuato, ma il modo
civile ed onesto di educare ed istruire le nuove generazioni,
in primo luogo, e, in secondo, la maniera migliore di
riconoscere alla città quanto le appartiene,
nella sua di integrità storica e nella ricchezza
culturale data dalla sua specificità geografica.
Leggendo il saggio di Hans Kitzmüller, utilissimo
lavoro di raccordo fra la storia particolare di Gorizia
e quella generate dell'impero, apprendiamo infatti che
soltanto a Cernowitz, allora capitale della Bucovina,
si parlavano più lingue e si intrecciavano più
culture che a Gorizia. Nella stessa sintesi molti altri
leggeranno che nel Settecento, dentro la Hofburg, gli
imperatori si onoravano di parlare in italiano, avendo
quali compagni di conversari anche Rodolfo Coronini,
oltre a Pietro Metastasio. A sua volta, il catalogo
curato da Antonelia Gallarotti non dà un'idea
ne marginale né episodica della cultura tedesca,
espressa per via tipografica nel Goriziano.
Per rendersene conto, basta seguire la traccia efficacemente
rappresentata dalla stessa Antonella Gallarotti nei
due lavori che precedono il catalogo medesimo, il secondo
dei quali in collaborazione con Cosimo Stasi, in cui
l'andamento della produzione tipografica in tedesco
a Gorizia appare lineare e costante, anche se non maggioritario.
Una silloge di brani, tradotti e scelti da Hans Kitzmüller
come specimen emblematico - dimostrativo della attività
letteraria in tedesco di autori nati o vissuti a Gorizia,
corona quest'opera, la quale deve non solo stimolare
occasionali ed isolati impulsi di curiosità a
recuperare brandelli di storia della città, ma
soprattutto costituire corredo prezioso ed utile strumento
per una scuola moderna e rinnovata, capace di integrare
nei programmi di studio quanto, sul piano della storia
e della cultura locale e regionale, serve a conoscere
il passato, per capire il presente e costruire il futuro.
Otello Silvestri
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