L'Austria Era Un Paese Ordinato
C'è un proverbio ligure che dice, "in tempo
di guerra, più bugie che terra" ; forse
non è un proverbio ligure, è di tutti;
ma nel mio dialetto è detto con parole volgari
; fa più effetto. Quando si combatte, non si
sa mai contro chi si combatte ; il nemico è un
fantasma; Io hanno fatto diventare un fantasma grande,
potente, pieno di virtù di tutte le specie ;
oppure piccolo, meschino, trascurabile, pieno di vizi
e corruzioni, fragile, da battere in pochi giorni, forse
in poche ore.
Noi nella nostra storia ci siamo sempre fabbricati
nemici vermi, da schiacciare con un piede ; per questo
sono state più le volte che le abbiamo prese,
che non le volte che le abbiamo date.
Quando sbarcai a Trieste, scoppiavo dalla gioia. La
guerra era finita ; avevamo vinto ; Trieste era nostra
; io ero a Trieste ; e avevo gli anni che allora bastava
averli per scoppiare dalla gioia ; adesso non basta
più niente, per scoppiare dalla gioia.
Dalla natura io ho avuto alcuni regali importanti ;
è uno e quello di vedere le cose come se fossero
cose semplici ; cosi nel mio mestiere posso capire quasi
subito dove sono, e quello che mi sta succedendo intorno.
Allora facevo un altro mestiere ; facevo il, guerriero
di mestiere ; ma quello di vedere le cose come se fossero
cose semplici, era un bel regalo anche facendo quel
mestiere.
Dopo qualche giorno che ero sbarcato a Trieste, capii
qualcosa che mi fece vergognare fino alle radici dei
capelli. Mi sentii ridicolo storicamente ; io non c'entravo,
o pochissimo ; non avevo fatto quasi niente per diventare
storicamente ridicolo. Noi abbiamo sempre fatto la storia
con le canzonette ; e quando uno è dentro una
storia che si sta facendo, è come dentro un'epidemia
; è travolto ; la storia o un'epidemia riguarda
tutti, nessuno può sottrarsi.
Credevamo non di fare una piccola correzione alla geografla
; ma di portare a Trieste una cesta di primizie di un
frutto mai visto da nessuno, mai mangiato da nessuno.
Poi sbareando a Trieste, avevamo trovato una città
con una civiltà molto più moderna della
nostra ; e molto più colta, più volenterosa
di cultura ; e più dentro I'Europa, più
mescolata con essa ; e più fornita di buona educazione
; e la buona edueazione è una cosa di cui non
si parla mai nella storia, come se la storia fosse fatta
solo dai maleducati; invece la buona edueazione è
molto più importante di altre cose di cui si
parla sempre nella storia.
Ci avevano fabbricato un'Austria marcia, pronta a sfasciarsi
al primo urto nostro ; governata da un vecchio imbecille,
chiamato per dispregio Cecco Beppe. .
Avevamo trovato, e distrutto, un'ammiiiistrazione della
cosa pubblica ammirabile; pedante come le poche amministrazioni
pubbliche ammirabili che ci sono al mondo ; scrupolosamente
onesta ; scrupolosamente rispettosa del cittadino e
dei suoi diritti scritti ; rispettata da tutti appunto
per questo, cioè non per paura ma per fiducia
e spontanea riverenza ; un'amministrazione della giustizia
piena di giustizia per tutti ; il pagatore di tasse
considerato non un limone da spremere e un delinquents,
ma uno che lavora anche per mantenere Io Stato ; e ha
la sua dignità d'uomo.
In un altro eccellente libro di Carpinteri e Faraquna,
c'è una frase che dice tutto quello che sto dicendo
io con molte parole ; e la dice un personaggio del popolo
minuto, cioè uno che non aveva niente da perdere
a dire un'altra cosa ; e la frase è questa, che
"sotto I'Austria guai scriver storto".
Qui dentro c'è tutto il segreto di quell'Austria
che in quella Europa con l'orticaria cronica, era l'ordine
costruito come una casa bene costruita ; cioè
l'ordine non come idea dei fabbricanti di idee, ma come
pratica di vita felicemente raggiunta ; qualcosa come
una bella musica suonata bene. E quell'ordine cominciava
dallo scrivere ; scrivere pulito e diritto.
Avevamo scoperto che esisteva, cioè era esistito
fino allora, uno Stato dove genti di numerose nazionalità
e lingue e civiltà e religioni diverse convivevano
senza amarsi ; ma solidali e concordi a fare un lavoro
solidale e concorde.
E quando c'erano i sanguinosi combattimeiiti, pochi
da noi si domandavano com'era quella storia ; un impero
descritto come una vecchia carriola, e aveva soldati
di razze e civiltà diverse, che combattevano
insieme come demonii ; e quando avevano smesso di combattere,
era perché avevano avuto l'ordine di smettere
; ed era perché il blocco marittimo aveva costretto
le popolazioni al pane K o pane di patate, ai vestiti
di carta, agli zoccoli invece delle scarpe.
E il vecchio imperatore portava sulla mano il vecchio
impero, come i santi che nei quadri dei santi portano
sulla mano una chiesa ; e quella mano del vecchio imperatore
era carica di dolori ; ma ancora si batteva non con
gli uomini ma con l'inesorabile destino.
I nostri governanti dicevano che non si poteva fare
l'Europa, se non si distruggeva quell' impero; e questo
è stato fatto ; e si sono visti, e ancora si
vedono, i risultati. Ma i nostri governanti facevano
il loro rifornimento di idee dagli intellettuali ; gente
raccomandabile per tutti gli usi.
Qualche anno dopo il nostro arrivo a Trieste, ci mandarono
a mare largo a visitare i bragozzi da pesca, e vedere
se avevano le carte in regola. Un giorno fermammo un
bragozzo di Chioggia; come tanti altri, non aveva le
carte in regola ; da bordo cominciarono a gridare, "andremo
dal nostro console a Trieste" ; credevano che a
Trieste ci fosse ancora il console d'Italia, cioè
ci fosse ancora I'Austria. Avevano la bandiera italiana
da guerra sventolante davanti ai loro occhi ; ma per
essi a Trieste c'era ancora I'Austria ; per essi I'Austria
era qnalcosa di stabile, indistruttibile. Erano pescatori
; i nostri governanti avevano dell'Austria un' idea
più infantile.
Non so da quanto tempo non leggevo un libro come questo
; divertente come gli altri libri di Carpinteri e Faraguna
; un libro che fa ridere in questo tempo che nessuno
scrivendo sa fare più ridere ; ma terribilmente
serio.
Io ho passato anni a Trieste e Pola e in mare lungo
le coste e le isole dell' Istria e delta Dalmazia ;
conosco quei dialetti ; e leggendo quei libri, e vivendo
in essi, e ridendo in essi, ho sentito il mio cuore
battere come usa raramente ; come se ancora sentissi
quelle voci, quell'umore popolare che non c'è
in nessuna aItra parte d' Italia ; forse fatto da un'esperienza
che loro hanno avuto, e nessun'altra parte d' Italia
ha avuto ; ed è I'incontro e lunga convivenza
di tre grandi civiltà ; e la musica ineguagliabile
di quei dialetti, una delle cose più dolci e
argute che siano in bocca d'uomo.
Ma quel gusto di ridere che è in questo e negli
altri libri di Carpinteri e Faraguna, non è un
gusto di ridere farsesco ; è qualeosa che viene
dalle profondità dell'uomo, come viene I'acqua
viva dalla roccia viva ; perché è un tentativo
riuscito di ricostruire nella memoria un tempo che era
un tempo felice ; ed è stato distrutto ; e non
può essere riprodotto più mai.
Quei personaggi sono gente che racconta ridendo, per
non farsi vedere che piange.
E raccontare quella storia in dialetto, non è
stato un gioco di due artisti del ridere ; due artisti
della qualità di Carpinteri e Faraguna ; e oggi
non c'è chi gli possa stare a paro ; è
stata la necessità di mettere i personaggi nella
loro aria, I'aria. di allora ; e non sembrasse una falsificazione.
E da quelle letture io ho avuto un godimento immenso
; come tornare ai miei tempi di Trieste e Pola e quelle
isole e coste scogliose ; a quel mio amore che parla
come in quei libri ; ed è sempre vivo, sempre
ardente ; ed è il più lungo di tutti gli
amori che ho avuto ; e so che finirà con me.
Vittorio Rossi
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